Motta San Giovanni – itinerari d’arte e cultura
Posted on 23. Apr, 2015 by admin in Gli itinerari d'arte e cultura
Motta S. Giovanni
Il comune di Motta S. Giovanni, comprende, oltre al capoluogo, altri due centri: Lazzaro e Serro Valanidi. Si sviluppa su una superficie di 46,73 Kmq. Occupando la parte estrema dell’Appennino Calabro. Orograficamente è costituito da una serie di colline che via via degradano verso il mare e da spiagge basse e sabbiose con esclusione del promontorio di Capo d’Armi (Leucopetra).
I primi insediamenti civici si ebbero con molta probabilità dove oggi sorge Lazzaro. Ai tempi di Cicerone, sorgeva a Leucopetra una villa appartenuta a Publio Valerio e in cui fu ospite Cicerone.
Le invasioni costrinsero gli abitanti a rifugiarsi presso le zone collinari. In questo scenario, sorse per ragioni difensive il Castello di San Niceto abitato da soldati e funzionari. Attorno al “castron” si raccolse la popolazione e vi sorsero le prime abitazioni e chiese per lo più piccole e ad unica navata. I normanni introdussero al castello la parola motta cioè luogo fortificato.
L’abitato di Motta sorse intorno al monastero di San Giovanni Teologo. Sotto Carlo V fu infeudato agli angioini e appartenne ai Minutolo, ai Marionnet, a Villadicane, agli Joppolo e infine ai Ruffo di Bagnara fino al 1806, cioè fino all’eversione della feudalità.
Importante nel passato è stata l’arte della ceramica con la costruzione di “quartari, bumbuli e giarri” i contenitori in argilla utilizzati per l’acqua, il vino, l’olio. Oggi a Motta si estrae la pietra che poi viene lavorata a Lazzaro, un prodotto di alto contenuto tecnico ed artistico che si impone nei mercati nazionali ed esteri.
Sul territorio sono presenti quattro gruppi folkloristici che portano avanti le tradizioni dei nostri costumi e dei balli tipici calabresi.
Castello di Sant’Aniceto – Santo Niceta – Santo Niceto
Sono tutte denominazioni diverse che indicano lo stesso posto: un centro fortificato, situato sulla cima di una montagnola dai ripidi versanti, quasi un tronco di cono, costruito a circa 4 Km. Dal mare 3 Km. Da Motta S. Giovanni.
In effetti è un “centro fortificato” perché l’area che occupa è interamente circondata da una cinta muraria lunga 648 metri, che può essere valutata in condizioni di conservazione abbastanza buone. Rappresenta l’unico esempio di architettura alto medioevale rimasto in Calabria.
Nella sua secolare storia, non si hanno notizie di scorrerie saracene o turchesche che abbiano avuto come obiettivo Sant’Aniceto.
La configurazione della fortezza è veramente suggestiva: sembra quasi una nave che punta la prora verso la montagna, mentre la sua poppa si allarga verso quel mare da cui arrivava il pericolo; il suo ingresso è guardato da due forti torri quadrate poste a difesa dell’unica porta di accesso.
All’interno dell’area murata, i ruderi di alcuni edifici e di una torre-cisterna per raccogliere l’acqua piovana sono tutto ciò che resta di un “castron” al quale per secoli fu affidata la difesa di un territorio vasto e strategicamente importante quale quello che andava da Reggio fino oltre Capo dell’Armi (Leucopetra).
Non è nota la data di costruzione del castello. Si può ipotizzare che fu costruito dai bizantini tra il IX e il X secolo.
Con l’avvento dei normanni il castello venne ristrutturato con l’aggiunta di alcune torri rettangolari. Nel 1459 venne distrutto dal duca Alfonso di Calabria e da allora iniziò il periodo di decadimento.
Certo è che non si parla di Sant’Aniceto nel bios di Sant’Elia il Giovane, originario di Enna, se ne fa menzione nel Brebion: una platea, cioè un elenco, dei beni posseduti dalle istituzioni religiose della Diocesi di Reggio, redatto intorno al 1050, poco prima della conquista normanna.
Nel tempo, il possedimento passò in mano a numerosi proprietari e feudatari: normanni, svevi, angioini, aragonesi.
Il pranzo si è celebrato presso il ristorante l’Olenadro di Motta San Giovanni.